al ricordo di suo padre per quello che teme di avergli fatto soffrire, ma quanto anche
ha bisogno di vitalità e di sentirsi libera dal controllo”. Pippo è ancora una volta il
rappresentante di una parte di Sé: viziato e prepotente, controlla ogni movimento
nella casa ed è piuttosto diffidente. E' proprio così che lei teme di essere ora che ha
deciso di abbandonare il lavoro. E' consapevole di quanto la sua decisione sia possibile
grazie agli agi di cui può godere. Forte è stato lo scontro con lo zio che le ha
rinfacciato di essere proprio come suo padre: non aveva voglia di lavorare. Mi dice che
non riesce a scusarlo per aver tirato in ballo il padre e che comunque lei non ha
nessuna intenzione di metterne in discussione la figura e il senso di tenerezza che il
ricordo del padre le suscita, come persona sempre rifiutata e disprezzata dalla famiglia
materna. Colgo la chiara comunicazione di muovermi con cautela circa un mettere in
discussione le figure genitoriali, se non voglio correre il rischio di perdere la fiducia
così faticosamente guadagnata. Devo muovermi con attenzione, delicatamente e
lasciare, a volte, ancora intoccati i suoi genitori e attraversare con lei il suo dolore
della perdita come unica causa del suo star male. Mi trovo a pensare a B. dopo ogni
seduta con una serie di domande: sarebbe oggi lei qui anche se la morte prematura
dei suoi genitori non fosse accaduta? E' forte in me la convinzione che molte delle sue
attuali difficoltà si siano strutturate ben prima del suo lutto. Il lutto sembra a volte
funzionale al suo essere come è.
In una seduta B. mi disdice la successiva perché deve andare dalla manicure. Devo
avere un’aria perplessa e anche un po' severa perché dopo il mio intervento si
irrigidisce e assume un tono irritato. Sono appuntamenti fissi, decisi già da tempo.
“Ma perché prende appuntamenti nell'ora dell'analisi?”, “Ma una volta al mese avrei
potuto anche farlo!”Come dire: sei tu che mi dai un impegno fisso così tanto
vincolante! So che, così come quando mi parla di Arturo e i suoi occhi diventano
ammiccanti e scrutatori, prova a vedere se posso tollerare la sua parte randagia. La
mia curiosità continua e le chiedo perché tutti i mesi la manicure. Nel suo periodo buio
si mangiava le pellicine fino a farsi sanguinare le dita (un equivalente, penso, dei tagli
sulle braccia), la sua pelle tende a formare dei duroni, come quelli dei piedi. E' una
malattia ereditaria si chiama “cheratinosi...”: si formano spacchi profondi sul tallone,
tagli veri, molto dolorosi, cominciarono qualche anno dopo la morte dei genitori. Penso
al passaggio transgenerazionale dei conflitti e delle difese di cui ci informa Bromberg
(2001): passiamo infatti dalla trasmissione ereditaria nel corpo a parlare di come
anche la propria madre abbia avuto una relazione con la sua, rigida e formale.
Insieme a me B. sta cercando di dare un senso al modo di essere di sua madre.