I nostri analizzandi hanno avuto tante esperienze nella loro vita spesso complicata.
Molte volte si sono ritrovati in quella particolare e dolorosa condizione per la quale se
le cose devono andare male andranno senz’altro molto male. E l’ombra della
ripetizione è sempre li, talvolta inesorabile, a scrivere una trama che fornisce loro
l’esperienza di non essere davvero in grado di cambiare qualcosa, di saper aprire una
finestra anche piccola nella stanza asfittica nella quale si sono cacciati. L’incontro con
noi può contribuire ad aprire uno spiraglio in quella finestra. La relazione analitica,
dice Bromberg (2001), è talvolta l’unico ambito nel quale l’enactment può davvero
fronteggiare la trascuratezza delle vite che i nostri pazienti con fiducia ci affidano,
donando un senso all’essere insieme. Sappiamo oggi che anche la ripetizione risponde
al criterio della non linearità, e in questo sta la componente vitalizzante
dell’enactment, ovvero in quel “new deal” umano rappresentato dall’ineffabile
esperienza del provare finalmente a “sentirsi capiti” in una cornice di sicurezza. E
allora, la non linearità della ripetizione può dare corpo al sollievo di vedere che a certe
condizioni qualcosa davvero può cambiare. Sappiamo anche noi quanto l’incontro con
una persona che “ci fa stare bene” anche solo per il fatto che è li con tutta sé stessa e
solo per noi, sappia promuovere quegli affetti della vitalità che sono in grado di aprire
la strada alla possibilità di stare meglio.
L’incontro analitico si fonda anche sulla somiglianza tra analista e analizzando, due
“persone che parlano in una stanza” a partire magari da diversi modi di vedere le
cose, ma che scoprono a poco a poco il loro comune destino, quello di voler lottare
insieme per provare a “sentirsi” davvero umani.
Amedeo
Il lavoro clinico con Amedeo è, per me, una storia.
Ogni relazione terapeutica è in realtà una “storia”, durante la quale si mettono in
gioco i sentimenti, gli affetti, il nostro essere come persone e sulla base di questa
complessità condivisa, si arriva a costruire un incontro che di fatto non cambia solo
l’analizzando …
Era una calda giornata di fine giugno e mentre assaporavo l’imminente pausa estiva,
arrivò una telefonata nella quale mi si chiedeva un appuntamento.
Ascoltando questa voce, immaginai una persona algida, formale e per nulla invitante,
e pur sentendo una strana riluttanza, fissai un incontro.
Amedeo, questo è il nome con cui lo chiamerò, entra nel mio studio porgendomi la
mano. E’ alto, distinto, sembra quasi un po’ altezzoso, sarebbe anche un bel ragazzo,
ma qualche cosa impedisce di pensarlo.
i
Il lavoro clinico con il paziente è stato condotto da Valeria Pulcini.
1...,138,139,140,141,142,143,144,145,146,147 149,150,151,152,153,154,155,156,157,158,...192