N. : “Non lo so. Non ci ho mai pensato. Una volta sono stata arrestata… era una cosa
molto seria. Pensai di essere davvero fregata quella volta. Improvvisamente pochi
giorni dopo fui rilasciata senza spiegazioni. Pare che il fratellastro di mio padre fosse
intervenuto. Naturalmente si assicurò che mio padre sapesse che mi aveva salvato,
anche se disonoravo la famiglia. Fu raccomandato a mio padre di mettermi in guardia,
di farmi sapere che mio zio non sarebbe mai più intervenuto un’altra volta. Mio padre
mi disse tutto ciò ma lo fece con molta calma. Non mi disse di fermarmi. Non l’ho
fatto comunque.”
Nell fece una pausa e poi dopo un po’ aggiunse: “Forse si sentì orgoglioso. Anche se
doveva essere stato umiliante avere suo fratello che lo comandava a bacchetta”.
Nell ed io continuammo a spostarci fra le sue sensazioni di insoddisfazione nel
presente e la sua nostalgia per il Sud Africa.
Io continuavo a combattere con i sentimenti suscitati in me dai suoi racconti, dalla
crescente consapevolezza di aspetti di me che avevo lasciato indietro, insieme ad una
chiarezza emergente che avevo fatto l’unica scelta che potevo fare per me.
Non ero una persona senza paura. Eppure sentivo un profondo richiamo per quel
posto – tale che, anche nell’ottenere più chiarezza, sentivo i miei dubbi crescenti –
dubbi che riflettevano la perturbazione delle mie convinzioni auto-protettive. Le
categorie sociali con cui ero cresciuta e che mi mandavano avanti, sostenendo le mie
convinzioni e decisioni ed organizzando il mio spazio interiore, erano messe
duramente alla prova e si stavano appannando. Ero catapultata in una nuova
complessità di sentimenti sulla miriade di punti di vista, conflitti e affiliazioni della
gente di questa terra multirazziale e multiculturale e di me stessa, in rapporto a tutto
questo.
Nell cominciò a sollevare problemi rispetto alla sue inibizioni sessuali. Inibizioni che
sentiva come un’eredità della madre che, violentata all’età di undici anni, represse
qualsiasi espressione sessuale o sensuale nella famiglia. Parlò di una precedente
terapia in Sud Africa dedicata a capire le sue inibizioni sessuali.
“Le ho detto”, aggiunse Nell quasi a margine “che questo terapeuta pensava che io
fossi stata abusata sessualmente da bambina?”
H. : “Non ricordo che me ne abbia parlato. Le sembra che possa essere vero?”
N. : “Non lo so, veramente non lo so. Ricordo qualcosa all’età di circa dieci anni.”
L’immagine della madre che era stata violentata a undici anni mi tornò in mente.
H.: “Qualcosa come?”
Con una voce più decisa
Nell disse: “Penso che abbia implicato mio zio; sa, il fratello
di mio padre”. Fece una pausa, mi guardò con intenzione, come se aspettasse che io
intervenissi in questa cosa. Senza parlare diedi l’indicazione che stavo ascoltando e
che non volevo dare una direzione più specifica a questo racconto.
N.: “Nella mia precedente terapia non siamo mai andati al di là di questo. Cercavamo
di capire le mie inibizioni sessuali e il terapeuta venne fuori con questa cosa. Non so
se fosse semplicemente un inappropriato comportamento seducente da parte sua; era
sempre seducente con le nipoti. Mi lasciava semplicemente con delle sensazioni di
disagio. Mi sentivo molto imbarazzata e impacciata
quando ero con lui ed evitavo in
qualsiasi occasione di rimanere da sola con lui. Non si sposò mai ed era veramente un
personaggio singolare. Non credo di poter dire niente di più su questo ora.” Dopo un
silenzio aggiunse: “Strano che questo zio continui a venir fuori”.