J.Lichtenberg (2008, pag.106) sottolinea come “i residui delle esperienze traumatiche
vissute fanno sì che il paziente spinga il terapeuta ad assumere ruoli interattivi come
quelli di dominatore-dominato, carnefice-vittima, onnipotente-impotente,
intimidatore-spaventato, abbandonante-abbandonato, seduttore-sedotto, invasore-
invaso”.
19. Odio e mentalizzazione.
Qui ci preme sottolineare la rigidità e la polarizzazione imposte alla vita mentale degli
interagenti intrappolati negli affetti d’odio. In tal modo, dunque, come in ogni stato
emotivo troppo intenso, la capacità riflessiva è azzerata, la mentalizzazione affettiva
(P.Fonagy e coll., 2002) è ostacolata.
“Un odio omicida, sadico, maligno, privo di introspezione sembra provocare nell’altro
una corrispondente mancanza di introspezione o una non voglia di farne uso”.
(N.P.Nielsen, 2011, pag.272).
20. Odio e libertà: l’odio impone all’odiato di assumere un’identità imposta.
C’è qualcosa di intollerabile negli affetti d’odio: l’insopportabile sensazione di essere
tenuto troppo esposto, troppo indifeso di fronte all’altro, ma anche troppo presente e
troppo “fermo” nella mente dell’altro. Ti senti privato della “libertà di andare e venire”
di fronte all’altro che ti odia, trascinato nel pericolo e nell’illibertà. E, da lì, l’odio
risveglia le tue risposte d’odio.
Tale perdita di libertà è sentita dall’odiato come un obbligo a prostituirsi, proprio nel
senso previsto dalla etimologia della parola: pro-stare, “stare al posto di” (R.Laing,
1959, p. 131), consistente nell’assunzione dell’identità che l’altro, con il suo odio,
tenta di importi.
E non si può uscire da questa identità imposta, almeno finché non ci si entra. Ogni
impasse, a torto, viene intesa come una situazione dalla quale è difficile uscire; in
realtà si tratta di nodi, di intrecci relazionali, nei quali non si riesce ad entrare. Per
entrarci è necessario, innanzitutto, rinunciare alle ipotesi più comode: l’assoluta
cattiveria dall’odiante e la fede incontaminata nelle proprie, presunte, buone ragioni.
21. Il potere dell’odio
Ma tanto l’odio è potente! E chi è accecato non è tanto l’odiante, ma l’odiato. Sulla
potenza dell’odio, leggendo W.Szymborska (1993, pag. 507), si potrà vedere come
l’odio sia anche capace di indossare, distorcendola, la maschera dell’amore: “Una
smorfia di estasi amorosa gli deforma il viso” e, ancora come, madida di sudore
freddo, si senta la vittima dell’odio, esposta al suo tiro, come sotto la mira, gelida ed
infallibile, di un “cecchino”.
L’odio
Guardate com’è sempre efficiente,
come si mantiene in forma
nel nostro secolo l’odio.
Con quanta facilità supera gli ostacoli.
Come gli è facile avventarsi, agguantare.
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