me di lavorare. Un lavoro al quale hanno partecipato in modo diretto e indiretto
persone significative delle due sponde del mio viaggio
M.G.
D’altra parte non è casuale che proprio io, alla fine dello stesso percorso formativo di
M., aggiunga a questa trama i miei personali fili, non certo di migrazioni tra
continenti, ma sicuramente tra spazi di formazione e ricerca personale di un “modo
più consono a me di lavorare”, in sintonia con l’ “alleggerirsi responsabile” di cui
parlava Margherita.
Margherita, in quella specifica situazione analitica, si presenta alla pz. come portatrice
di un mix. Difficile, per me, pensarla come l'analista opaca e simile a uno specchio; in
un certo senso M. gioca a carte scoperte, si autosvela, al di là della sua volontà, come
del resto è per ciascuno di noi. Però qui, nel campo, proprio per quel mix, c'è una
sorta di “sovrappiù funzionale” dell'inevitabilità dell' autosvelamento.
Margherita dice “L'esperienza soggettiva dell'analista, la sua migrazione, ha permesso
l'emergere nella paziente di tematiche dolorose legate alla separazione, indispensabili
per elaborare il lutto per l'abbandono del proprio paese”. Parla di specificità e di
momenti di incontro .Ritornando a Parmeggiani, alla ricchezza metaforica del suo
naufragio su un mare di libri, alla domanda implicita che mi sollecita, nella cornice
della relazione analitica, possiamo veramente essere solo spettatori? O non possiamo
invece immaginare e sperimentare altre rotte?
Come dice Hoffman ”Il momento della verità è adesso: quello che io faccio esprimerà
qualcosa su di me, sulla nostra relazione e sul paziente.(Hoffman I.Z,2000,XI,2,
p.124)
Bromberg definisce la selfdisclosure dell'analista non solo lecita, ma necessaria: mi
sembra questo il filo che lega i due atti della narrazione. Sempre Bromberg “La
selfdisclosure si configura come intrusiva solo se la cornice di riferimento è quella di
un analista che vuole cambiare il paziente. Se il razionale analitico è quello di un
analista che condivide la sua esperienza per facilitare l'obiettivo della negoziazione
intersoggettiva, allora la selfdisclosure diventa un'altra cosa....Intrusività per un
analista relazionale ha a che vedere con la
temporanea
incapacità di mantenere la sua
soggettività e permetterle di essere modificata in risposta alla soggettività del
paziente.”(Bromberg Ph.M.2009,p.139-140)
Più avanti: ”Non è possibile conoscere in anticipo quanta self-disclosure sia sufficiente
o quanta costituisca un eccesso, ed è lo sforzo continuo e spesso doloroso di lottare
contro la sua imprevedibilità a definire l'onestà affettiva, non semplicemente la
valutazione soggettiva dell'analista rispetto all'onestà con cui pronuncia le sue parole
in un dato momento”(Bromberg Ph.M., 2009,p.146)
Nelle situazioni che Margherita riferisce, nei suoi colpi al cuore, penso si possa cogliere
la tensione tra l'onestà affettiva di cui parla Bromberg e una “disciplina”
intersoggettiva, la stessa tensione del titolo, tra il crash del naufragio e la posizione
dello spettatore. Disciplina a monitorare, nel setting, i possibili effetti di quelle
comunicazioni che Alice avrebbe potuto comprendere all'interno del suo modo di
organizzare l'attaccamento, per cui, se c'è una madre fragile o addolorata, la figlia
passa in secondo piano, trattiene bisogni e timori.
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